SHERLOCK HOLMES E IL MISTERO DEI CAPELLI BIONDI


È  una fredda e umida serata di febbraio. Holmes e Watson stanno conversando nel salotto di Backer Street 221/B. Il fuoco scoppietta allegro nel camino e l'ambiente è saturo del fumo della pipa di Holmes, quando qualcuno bussa alla porta del detective dei casi impossibili. Holmes stava comodamente seduto sulla poltrona di fronte a quella del suo amico,è un uomo molto presuntuoso e ama essere servito, infatti quando sentì il campanello non mosse un dito. Watson stava seduto sulla poltrona, è un dottore, infatti vuole essere sempre molto elegante e cordiale con tutti e quando sentì il campanello si rizzò per prepararsi. Intanto Mrs Hudson andò ad aprire, trovò un uomo molto preoccupato e agitato. Lo fece entrare e appena vide Watson non lo salutò neanche, anche se il dottore con la sua voce timida ma con un timbro alto lo salutò, e passò con lo sguardo a Holmes, che nel frattempo si alzò, e quando lo guardò capì molte cose di lui- infatti questa è una caratteristica particolare di Holmes- e pensò:"A giudicare dal suo aspetto fisico, deve essere un uomo nobile, ama l'eleganza, è molto intelligente e amante della musica. Cura molto se stesso, è ricco, però umile, ama molto gli animali, perché ha dei peli di gatto sui pantaloni. È molto preoccupato per quello che gli è accaduto, perché è ovvio, gli è successo qualcosa, altrimenti perché verrebbe da me? In fondo sono l'investigatore più bravo del paese, quindi vengono tutti a chiedere aiuto a me, qui nel mio ufficio" L'uomo disse:
«Buonasera, signor Holmes. Sono il conte Brandeburg. Mi potrebbe dare una mano a trovare mia moglie?»
«Buonasera conte. Prego si accomodi. Mi racconti quello che è successo.» Disse Holmes con un sorrisino di soddisfazione.
«Si certo. Allora non vedo mia moglie, da martedì, oggi è sabato, io pensavo fosse andata a trovare mio figlio in carcere. La prego signor Holmes mi aiuti. È la contessa Annie Lord Brandeburg.»
L'investigatore non amava parlare, ma pensava molto, infatti in quel momento non si esprimeva perché nella mente gli frullava una domanda molto importante affinché potesse iniziare le indagini:"Ma perché non è andato prima dalla polizia? Perché è venuto da me?"
Dopo un po', con la sua voce cupa e possente disse:
«Possiamo venire a casa sua, per vedere se troviamo qualcosa?»
«Si, si certo. Venite a casa mia, in campagna.»
Holmes prese il suo mantello e il suo berretto, per la campagna e se ne andò. Si misero in viaggio nella carrozza del conte. Dopo un po' iniziarono a parlare dell'accaduto, e Holmes disse:
«Perché non è andato dalla polizia?»
«Sa signor Holmes, noi nobili saremmo sotto i riflettori e su tutte le pagine dei giornali.» Così cercò di giustificarsi il conte.
Erano le 8.05 e dopo un po' arrivarono. Appena l'investigatore scese dalla carrozza si fermò e pensò: "Non è una casa degna di un nobile. E' nella nebbia, sperduta. Ha solo due piani che utilizzano, gli altri sono abbandonati. Mi sembra molto strano. C'è solo una casa. A ecco, c'è questo immenso albero che rende la casa molto cupa." Dopo si incamminò insieme al dottore. In quell'istante arrivò Leastrade, un uomo robusto e basso, con la faccia rotonda con dei baffi. È un uomo spavaldo e snob, superficiale, sempre allegro e disponibile. Tutti si meravigliarono appena lo videro perché nessuno lo aveva avvisato. Watson appena lo vide fu disgustato, perché non sopportava la gente che si vantava. Poi andarono tutti verso l'interno. Era una casa con tante foto della contessa, infatti Holmes la vide subito. Poi andarono nella stanza della contessa, e appena il maggiordomo aprì la porta si trovarono davanti uno spettacolo orribile. C'era la contessa stesa sul letto, con un pugnale infilzato nello stomaco. E poi le avevano tagliato tutti i capelli. L'investigatore chiese a Leastrade di rimanere fuori, e insieme a Watson si chiusero nella stanza per cercare indizi. Holmes andando vicino al cadavere trovò sul comodino una forbice, con dei capelli, ne prese uno per vedere se fosse della vittima, e lo mise in un sacchetto. Watson trovò, in un armadio, dei vestiti stropicciati, pieni di sangue, erano vecchi, perché il sangue era asciutto. Ne prese un pezzo e lo mise in un sacchetto, per vedere se compatibile con il capello. Poi Holmes camminando trovò un quaderno con una data cerchiata, "5 novembre 1887", se la scrisse sul taccuino, e poi controllò nel suo studio. Mentre Watson stava guardando nella libreria, Holmes prese la sua lente di ingrandimento e sul tappeto vicino al letto della vittima, vide che c'erano tracce di sangue e di un tipo di erba, l'investigatore ci andò vicino e ipotizzò che fossero licheni, che crescono nelle parti umide e nebbiose. Dal giardino della casa, forse l'assassino era entrato dalla finestra, visto che si trovava al primo piano. Dopo uscirono dalla stanza e fecero entrare la polizia che non trovò niente di nuovo. Quando andarono dal conte, lo trovarono stravolto e incosciente, e in un mare di lacrime, così il dottor Watson lo andò a consolare. Intanto si era fatta sera e l'investigatore e il dottore tornarono a casa.
La mattina Holmes per schiarirsi le idee, ragionare e trovare un filo logico sull'accaduto si mise a suonare il violino, lo sapeva suonare molto bene, infatti per il dottore era un momento di pausa. Dopo un po' si ricordò del capello e del pezzo di stoffa trovati sul luogo del delitto, li prese e fece qualche esperimento, dopo un po' disse:
«Watson sono compatibili! Ce l'ho fatta.»
Watson ama la tranquillità, infatti stava facendo uno spuntino e gli fece un sorriso. Dopo squillò il telefono, e rispose Mrs Hudson, che subito chiamò Holmes. Parlò per quasi mezz'ora e dopo andò da Watson e disse:
«Era il Leastrade, mi ha detto che nell'omicidio della contessa c'è di mezzo l'eredità del padre, e che per loro è stato il marito. Devono trovare solo delle prove per incastrarlo. Ma io non ci credo. Altrimenti, perché gli ha tagliato i capelli? Però noi, mio caro Watson dobbiamo trovare una linea di minor resistenza, e togliere tutti i nostri dubbi.»
«Ma tu non dovevi controllare quella data?» Disse Watson.
«A si è vero. Grazie per avermelo ricordato.»
Prese il suo taccuino, lesse la data e iniziò a cercare il giornale corrispondente. Appena lo trovò vide che c'era stato uno spettacolo, in cui la contessa era la protagonista. Nell'articolo c'era scritto che era stata scelta per i suoi capelli biondi, e per questo avevano avuto dei contrasti con la marchesa Enfi Lord Jeoice, moglie del marchese Jeoice, che voleva partecipare, però aveva i capelli scuri. Alcune ore prima dello spettacolo la marchesa era stata assassinata. Holmes spiegò tutto a Watson e andarono dal marchese. Appena arrivarono nel giardino trovarono un cane, appena vide i due andò vicino al dottore, però lui si spaventò e si allontanò, poi andò vicino Holmes e lo accarezzò, Watson rimase sbalordito perché non aveva mai visto il suo amico fare quelle cose, con tutti e anche con lui era stato sempre riservato e freddo, per via del suo passato. Così il dottore in quel giardino, con quel cane, dopo tanti anni di amicizia con Holmes scoprì che gli piacevano i cani. Dopo gli spiegò il perché, e gli disse che per lui solo i cani possono capire l'uomo. Poi andarono in casa e appena l'investigatore vide il marchese pensò: "È un uomo sulla sessantina. È spavaldo e snob, vuole stare sempre al centro dell'attenzione. Gli interessano solo gli affari. Ottiene sempre tutto, che bel caratterino." Gli fecero qualche domanda sull'assassinio della moglie, ma non gli disse niente di nuovo. Dopo tornarono a casa e Holmes si mise a suonare il violino, dopo un po' volle per forza andare al cimitero sulla lapide della marchesa. Appena arrivarono, trovarono intorno alla tomba tutti i capelli della contessa. Poi c'era una lettera, che Holmes lesse ad alta voce:
«"Amore mio, ho saputo solo adesso chi ti ha uccisa. Il dolore è troppo grande da sopportare, così mi sono fatto giustizia da solo. Come mio ultimo dono, ti porgo questi capelli che tu hai sempre desiderato. I capelli della persona che ci ha divisi." Ecco lo sapevo, era fin troppo chiaro.» Disse Holmes, che si arrabbiò moltissimo.
Poi si misero nella carrozza, in attesa che arrivassero a casa del marchese, iniziarono a parlare:
«Ma Holmes, perché la marchesa è stata uccisa?» Chiese Watson
«Elementare Watson! La marchesa era gelosa dei capelli della contessa, iniziò a tormentarla, così che la contessa la uccise.»
«A ecco. Quindi i vestiti che ho trovato erano della contessa, quando ha ucciso la marchesa. E per il rimorso non li ha gettati. Vero?» Chiese Watson
«Giustissimo.» Disse Holmes, quasi per premiarlo della grande osservazione che aveva fatto.
Poco dopo arrivarono dal marchese. Holmes disse:
«Sappiamo tutto marchese!»
«Si lo so. Sapevo che lei sarebbe arrivato alla fine. Si, sono stato io.- Disse il marchese con un leggero sorrisino- L'ho fatta venire qui con un inganno. E l'ho costretta a dirmi la verità, sull'assassinio di mia moglie. Appena l'ho saputa, non ci ho visto più. Giovedì gli ho tagliato tutti i capelli. Poi sabato mattina, alle 8.20, l'ho portata a casa sua, nella sua stanza e l'ho uccisa.» Disse il marchese quasi vantandosi di quello che aveva fatto, poi aggiunse:
«Però adesso che ci penso, visto che lo sapete solo voi, e la polizia non ci arriverà mai, vi posso mettere a tacere.» In quel momento fece un cenno ai suoi valletti, che presero Holmes e Watson per il collo, puntandogli un coltello, i due non persero mai la calma, e poi il marchese aggiunse:
«Magari uccidendovi. Io sono migliore di tutte e due, soprattutto di lei Holmes.» E poi fece una risatina maligna. Holmes non sopportava chi si credeva migliore di lui, perché pensava che era il migliore, infatti dopo aver sentito quella frase fece tutto il possibile per liberarsi. Però ad un certo punto il marchese prese la pistola e la puntò, da lontano, a Holmes, che in quel momento diede una gomitata al valletto che lo teneva e si abbassò, perché sapeva che il marchese avrebbe sparato, e infatti fu così, e colpì il cameriere che teneva Watson, che cadde a terra morto. Poi Holmes disse:
«Watson non si avvicini, perché adesso che siamo pari si può combattere - poi si voltò dalla parte del marchese e continuò- Ti credi migliore di me, dimostramelo. Posa la pistola, e combattiamo. Chi vincerà sarà il migliore.» Disse Holmes provocandolo.
Così posò la pistola, per la troppa voglia di essere il migliore, e iniziarono a combattere. L'investigatore aspettò il primo colpo del suo avversario e poi seguirono una serie di attacchi che a un certo punto portarono Holmes in svantaggio. Poi però rimediò e mise a tappeto il marchese, che fu arrestato. Dopo l'investigatore si fece medicare dal suo amico-dottore. Infine si misero nella carrozza e tornarono a casa. Holmes non amava mangiare, al contrario del suo amico, infatti non toccò cibo per tutto il periodo delle indagini. Così quando tornarono a casa furono accolti da Mrs Hudson e un tavolo imbandito di cibo buono, che i due divorarono, e poi tornarono alla solita vita umile e noiosa di tutti i giorni, pronti ad affrontate un'ultra avventura insieme.
Chiara Dinunzio

1 commenti:

Ilaria Toto ha detto...

bellissimo chiara!!!!!!!:-)

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