La scomparsa del conte

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Era una fresca giornata di maggio, Holmes e Watson erano ancora nei loro letti quando la signora Hudson, padrona di casa, svegliò Holmes che a sua volta svegliò Watson. Si vestirono e entrarono nel salotto dove c’era una giovane ragazza che molto probabilmente era venuta a chiedere aiuto ad Holmes.
-Buongiorno.
-È lei il signor Holmes?
-Si sono io, mi dica tutto.
La ragazza cominciò a raccontare:
-io sono una contessa il mio nome è Isabel Scott. Tre giorni fa scomparve mio marito il conte Matt Stewart, io chiamai Scotland Yard per indagare sul caso ma ne ricevetti  scarsi risultati. Allora pensai di venire qui da lei per chiederle aiuto. Lo farebbe?
-Ma certo! Le sarei grato se mi facesse ispezionare la sua abitazione.
-Mi scusi ora dimenticavo, il giorno prima della scomparsa di mio marito, siccome non riuscivo a dormire a causa del pensiero del litigio fra mio marito suo padre e suo fratello, uscii dalla mia stanza e dal finestrone del corridoio notai la finestra della stanza di mio marito aperta e la sua immagine riflessa nello specchio con un foglio nella mano destra e un candelabro nella sinistra. Il foglio che mio marito aveva in mano lo possiedo tutt’ora io, ma le posso assicurare che è un foglio di scarsa importanza visto che è totalmente bianco.
-Signorina Scott mi spiegherebbe la causa del litigio fra suo marito suo cognato e suo suocero?
-Ma certo! Mio cognato e mio suocero erano appassionati del gioco d’azzardo e due giorni prima della scomparsa di mio marito i due erano venuti a chiedere del denaro, visto che avevano spesso tutto ma dico tutto ciò che gli era rimasto al casinò. Mio marito non voleva darglieli pero poi lo convinsero ad un patto, cioè che quei soldi non sarebbero stati spesi al casinò un'altra  volta, ma che gli dovevano servire per la loro casa visto che avevano  scommesso anche le loro terre.
-Signorina c’è qualcos’altro che deve dirmi?
-No nient’altro.
-Invece io le dico che suo marito la maltrattava visto che noto dei lividi sul polso destro.
-Ehm… Sì negli ultimi tempi mio marito mi trattava… diciamo male. Aveva sempre la testa “fra le nuvole” non pensava mai a noi e stava tutto il giorno fuori.
-Ok sarebbe cosi gentile se ci accompagnasse sul luogo dell’accaduto.
Holmes, Watson e la signorina Scott scesero nella via Baker Street e chiamarono una carrozza che li accompagnarono sul luogo.
Holmes noto che il castello era quadrato con un giardino al centro.
-Venga signor Holmes questa è la stanza di mio marito.
Holmes cominciò ad ispezionarla ma non trovò niente di particolare.
-Signorina Scott, potrebbe mostrarmi il foglio che suo marito aveva in mano?
-Certamente! Eccolo qua!
-Grazie. Io e il mio amico il Dr. Watson torneremo domattina, le dispiace se porto con me il foglio?
-Niente affatto faccia pure. A domani!
Holmes e Watson tornarono in Baker Street 221/B e conversarono sul mistero, poi ritornarono nelle loro stanze per dormire. Holmes appoggiò il foglietto sul tavolino.
La mattina dopo Holmes prese quel foglietto che era sul tavolino dove batteva il sole e notò con il suo lungo naso che da esso proveniva uno strano odore. Lo annusò e pensò subito all’odore del limone, poi lo fece annusare al buongustaio di Watson che ne diede la conferma.
-Holmes,  io ricordo un tecnica che imparai dalle mie amiche quando ero piccolo, loro scrivevano sul foglio con del succo di limone spremuto e poi ciò che scrivevano scompariva. Ma accendendo una candela sotto di esso, grazie alla fiamma, ricompariva.
-Ma certo caro Watson lei ha ragione!
Holmes provo ciò che aveva detto il suo amico e così comincio ad intravedere delle lettere che annotò sul suo taccuino. Le lettere erano:
ѣѳњћљђчюжд
фѣ•ыљњџѣћљ
љѲђцыъюѣѣґ
ѣѳњфѣ•љѲђц
љѲђждђцђѣѳ

Holmes cominciò a decifrare il testo; ma letto in orizzontale non aveva nessun significato. Allora provò in verticale e scoprì che quel testo decifrato indicava la posizione di un tesoro. Secondo il testo questo tesoro si trovava nei sotterranei del castello; precisamente in una botola ben nascosta che  celava un corridoio segreto.
Holmes e Watson presero subito un calesse diretto al castello. Arrivati illustrarono la situazione alla Contessa e si incamminarono nei sotterranei.
Camminando nei sotterranei alla ricerca della botola, Watson poggiò il piede su una mattonella non fissata bene, allora il detective pensò di alzarla insieme alle altre e cosi trovarono la botola e si calarono giù dove c’era un lungo corridoio. Si misero in cammino in cerca del signor Stewart.
-Attenzione Holmes!!!
Holmes avvertito da Watson si salvò e non cadde in un buco profondo.  Holmes non cadde, ma lì dentro giaceva morto il cadavere del Conte. Holmes si girò e ringraziò Watson. Più avanti c’era il tesoro ma siccome la lampada era caduta giù ne “buco” non proseguirono e ritornarono indietro fermandosi un secondo a discutere su un azione di Holmes  su Watson.
-Ehi Holmes le mi mi…
-Mi scusi Watson…
Arrivati sopra chiamarono Scotland yard per riprendere il morto…
Aldo Pupillo 
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IL MISTERO DELLA  LETTERA  ANONIMA

Era il 1890, Holmes e Watson stavano indagando su un caso molto intricato: “il mistero della lettera anonima”. Un pomeriggio, Holmes stava per uscire da casa quando Mrs. Hudson aprì di scatto la porta e disse di aver trovato una lettera nella cassetta  della posta di Holmes senza indirizzo e nome. In fretta aprì la lettera dove c’era scritto:
LA PROSSIMA VITTIMA SARAI TU!
Holmes si preoccupò e tutto tremante chiamò  il suo amico Watson . Arrivò e chiese cosa fosse successo. Holmes gli fece vedere subito la lettera. Dopo un po’ Watson si sedette e vedendo quelle parole  rimase stupito, allora con voce alta e arrabbiata disse:
- Holmes non preoccuparti, in questi giorni resterò al suo fianco e  la aiuterò.
Egli rispose impaurito:-grazie Watson  siete una brava persona e un vero amico-.
Dopo essersi calmato un po’ andarono a cenare e poi a dormire. Verso la mezzanotte, Holmes, dal suo letto sentì il rumore della finestra che si apriva, si alzò, prese una lanterna e uscì dalla camera. Ad un certo punto vide un’ombra e la seguì fino ad arrivare  nello studio di Holmes. Dopo pochi secondi, con aria arrabbiata disse: -chi c’è lì perché mi volete uccidere, forza uscite fuori!-, ma quella persona aprì subito la finestra e scappò quando Holmes accese di scatto la luce. Poi, andò a dormire, però, sempre con la paura dentro.
La mattina dopo si alzò e per prima cosa andò nel suo studio per vedere cosa avesse preso il ladro e si accorse che era tutto in ordine e non mancava niente. Poi prese la lente e andò vicino alla finestra dove notò un pezzo di camicia strappata. Verso le sette e mezza arrivò Watson in camicia da notte e dietro la signora Hudson con il vassoio con la colazione e un’altra lettera. Holmes la aprì e vide che c’era di nuovo la stessa scritta però non c’erano le lettere ritagliate dal giornale ma era scritta a penna:
-Holmes questo fatto non mi piace per niente, sono così nervoso che mi prenderei a schiaffi da solo perché non riesco a trovare la soluzione- disse Watson. Ad Holmes, ancora più nervoso di Watson, ad un certo punto  venne un’idea e disse:
 -Watson venga un attimo. Si ricorda  quando ho avuto quello scontro con Moriarty, dopo la sua morte le spie  mi hanno continuato a seguire-.
 Watson rispose: - giusto Holmes!-.Dopo la colazione uscirono e infatti videro una spia di Moriarty  e camminando videro delle altre che lo seguivano. Ritornati a casa Holmes preparò una trappola, mise una rete sopra la  finestra in modo che, se qualcuno vi fosse entrato, la rete gli sarebbe finita addosso. Infatti andò così, Holmes e Watson corsero subito nello studio e scoprirono che era un complice di Moriarty perché voleva far pagare Holmes per quello che aveva fatto al suo capo.

Sherlock Holmes e il delitto alle fumerie

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È una fredda e umida serata di febbraio. Holmes andò, come era solito fare una volta alla settimana, nelle fumerie d’oppio. Si stava giusto misurando il tabacco utile per una sigaretta, quando ad un certo punto si sentì un urlo provenire del piano di sopra, da una delle camere riservate ai ricchi.
 Holmes balzò sul suo cuscino dove era seduto, e poi corse a vedere che cosa era accaduto. Appena arrivò al piano di sopra vide una porta spalancata, con la cameriera che aveva urlato, sulla sedia priva di sensi e un uomo morto sul letto. Holmes capì che anche dove sperava di non dover lavorare c’era bisogno di lui. Così fece portare la cameriera al piano di sotto, si chiuse nella stanza e iniziò ad indagare. Si avvicinò al letto e constatò che il morto aveva la pipa tra le mani e tutto il tabacco sparso sul letto, con qualche macchia di verde tra il tabacco. Holmes appena vide quella scena pensò: “Se il tabacco è sparso sul letto, evidentemente lo avrà prima messo nella pipa, poi per l’effetto di questo veleno verde, che adesso a colpo d’occhio non riesco a capire di che cosa si tratta, si sarà sparso sul letto.”. L’investigatore prese un sacchetto e mise dentro un po’ di quel veleno. Poi  vide per terra un pezzo di stoffa, di qualche mantello. Lui pensò subito che si trattasse del mantello dell’assassino, perché sicuramente quel veleno lo aveva messo qualcuno. In quella stanza rettangolare e non molto grande c’erano solo lui e il morto, così ad ogni rumore che sentiva si girava su se stesso per vedere chi fosse. Poi trovò nelle tasche del cappotto del morto un biglietto con degli strani caratteri che ad Holmes, alla prima occhiata, parvero sconosciuti:

Redra .rm ,emoc sah emit ruoy

All’angolo del biglietto c’era una firma di qualche club con le iniziali O.D.M. Holmes ricordava che aveva già fatto delle indagini su quell’organizzazione. Così se lo mise nella tasca del mantello e continuò a cercare degli indizi utili alla indagini. Con la sua lente di ingrandimento trovò sul pavimento delle impronte di scarponi molto robuste e grandi. L’investigatore ipotizzò subito che fossero dell’assassino. Dopo questo ultimo indizio si spalancò la porta ed entro Watson agitatissimo, con il fiatone. Appena vide il suo amico disse:
«Oh Holmes, meno male che ti ho trovato. Sono venuti due uomini a casa dicendomi che c’era stato un omicidio alle fumerie, io sapevo che eri qui, così mi sono preoccupato a morte.»
«Watson calmati, come vedi sono tutto intero. Mi hai spaventato anche tu entrando in quel modo. Come vedi la tua preoccupazione è stata inutile. Io ho già ispezionato il luogo del crimine, se vuoi possiamo tornare a casa. Che ne dici?» Disse Holmes quasi contento dello spavento che si era preso il suo amico.
«Certo, certo Holmes. Andiamo» Rispose Watson, spiando dietro la figura di Holmes il letto con il morto.
Insieme tornarono a casa. In carrozza Watson non disse mezza parola, invece Holmes gli raccontò per filo e per segno tutto quello che era accaduto. Quando entrarono in casa la signora Hudson, guardando Holmes, tirò un sospiro di sollievo. L’investigatore molto eccitato per le indagini prese il suo quaderno e iniziò a cercare il significato delle lettere che aveva trovato sul foglietto. Dopo un po’ la trovò e vide che la O.D.M. corrispondevano alla Organisation Dirty Money (Organizzazione Denaro Sporco), un’organizzazione che presta del denaro in nero alle persone, chiedendo entro due giorni dal prestito di ridargli tutti i soldi con degli interessi molto alti. A capo di questa organizzazione c’è il signor Marchantur. Se qualcuno vuole entrare nel gruppo deve mandare dei ragazzi a casa sua che si trova quasi in periferia. Holmes quando lesse il significato di questo club disse:
«Doveva essere disperato per chiedere dei soldi a questa banda, perché è ovvio, gli ha chiesto dei soldi. Adesso non mi rimane che scoprire il significato di questo biglietto. Watson secondo te quale combinazione può avere questo biglietto?»
Watson stava cenando, al contrario di Holmes che si era messo subito a lavoro, e disse:
«Ma non saprei. Potrebbero essere dei caratteri stranieri. Ma perché non mangi e domani continui l’indagine?»
«Sì, sì adesso mangio Watson. Grazie» Rispose Holmes. Immediatamente tolse tutti i fogli dal tavolo e cenò.
Il giorno dopo per riflettere sull’indagine si mise a suonare il violino. Poi dopo un po’ prese il foglietto e disse:
«Ma certo! È vero! Watson guarda» Disse urlando Holmes, e facendo spaventare Watson che nel frattempo si era addormentato. Subito si rizzò e disse:
«Sì si dimmi.»
«Allora guarda qui, ci sono delle lettere al contrario. Quindi qui c’è scritto: your time has come Mr. Arder (È giunta la tua ore signor Arder). Hai visto Watson ci sono riuscito!»
«Sì bravo Holmes.»
«Senta Watson le devo dire una cosa – disse Holmes tutto serio – Ho invitato qui a casa tutto il gruppo degli Irregolari di Baker Street.» Dopo quest’ultima frase fece un sorrisino al suo amico.
«Eh vabbé. Vediamo cosa combinano questa volta.» Disse Watson rassegnato ormai all’idea.
«Ma che cosa devono combinare sono una banda di 12 ragazzi. Educati al massimo dal sottoscritto. Non si preoccupi dottore.» Disse Holmes alzandosi dalla poltrona e avvicinandosi alla porta.
Appena arrivò alla porta la aprì ed entrarono in salotto tutti i ragazzi. Holmes aveva detto all’amico che gli aveva educati lui, ma erano una banda di ragazzi senza un minimo di regole, quando si giocava. Anche Holmes si era messo a giocare con loro, li faceva saltare sulle pile di giornali e poi li faceva saltare sui divani e sulle poltrona. Watson non aveva mai visto un confusione del genere e rimase sconvolto, anche perché aveva scoperto, da come si comportava con loro, che al suo amico investigatore gli piacevano i bambini. Dopo circa un’ora Holmes gli chiamò tutti riuniti e seduti, sui divani dove c’era anche Watson, e disse:
«Allora ragazzi, vi ho fatti venire qui perché dovete andare a casa del signor Marchantur. Si trova quasi in periferia. Voi andate lì per conto di un certo Blonde, che vuole entrare nel loro gruppo» Disse Holmes.
«Certo Holmes. Però noi dopo la conclusione dell’indagine vorremmo giocare ancora. Possiamo?» Gli chiese il più piccolo della compagnia di nome Stefan. A questa richiesta si intenerì anche Watson che immediatamente gli rispose:
«Ma certo bambini. Voi potete venire qui ogni volta che volete»
Dopo questa affermazione Holmes fece a Watson quel sorrisino di soddisfazione, perché finalmente anche al dottore piacevano gli Irregolari. Poi ci fu un urlo di entusiasmo da parte di tutto il gruppo. Erano le 4.15 del pomeriggio, e il gruppo uscì e andò a casa del signor Marchantur, cioè il capo dell’organizzazione che aveva ucciso il signor Arder. Alle 6.45 della sera tornarono, si sedettero e uno di loro disse:
«Allora Holmes noi siamo andati lì, abbiamo parlato con il signor Marchantur del signor Blonde, che vuole entrare nella sua organizzazione. Lui all’inizio era perplesso, poi però disse che lo vuole incontrare alle fumerie d’oppio domani alle 11 di notte, e poi ci ha dato questo biglietto.» Appena finì di dire queste ultime parole gli porse il biglietto.
Holmes aprì subito la busta e lesse a bassa voce il foglietto, che diceva:
«Caro signor Holmes noi non siamo degli sciocchi, ci siamo accorti del complotto. Non pensavo si abbassasse a questi livelli, cioè di far venire questi poveri bambini. Nonostante questo ci vediamo all’appuntamento stabilito.»
Holmes rimase molto turbato, perché non si immaginava di essere scoperto. Quella sera al ritorno del ragazzi Watson non c’era, così Holmes ebbe il tempo di riflettere su cosa fare. Appena il dottore tornò Holmes gli raccontò tutto. Watson rimase a pensare e dopo disse:
«Ma perché hai mandato i ragazzi? Non potevi trovare un altro modo per incastrarli?»
«No, Watson. Comunque ho deciso di andare all’appuntamento.»
«No, no Holmes. Tu non uscirai da questa porta per andare all’appuntamento. No, no mi dispiace, ma dopo quello che è successo io non la farò uscire.» Disse Watson preoccupatissimo per quello che aveva detto il suo amico.
«Ma su dottore, non si preoccupi. Comunque verrà da solo il capo, perché sono uomini d’onore, e quando devono chiudere dei conti in sospeso, nel migliore dei modi, vanno sempre da soli. Comunque non preoccupi.» Holmes anche se non sembrava affatto aveva una paura tremenda, perché lui sapeva come erano fatti.
Il giorno dopo Holmes, alle 5 del pomeriggio, riunì di nuovo tutti i ragazzi in salotto, e disse:
«Allora, per questa sera ho un piano. Voi tutti, anche lei dottore, dovrete posizionarvi dietro la porta della stanza dove starò io. Sarà la stanza al secondo piano, la numero 9. Quando sentirete un tiretto chiudersi voi dovrete entrare.»
«Ok. Va bene signor Holmes.» Disse un bambino.
Trascorsero tutti la serata a casa di Holmes. Poi arrivato l’orario se ne andarono, e come stabilito si posizionarono tutti ai loro posti, e si nascosero per non farsi vedere del signor Marchantur che era appena arrivato. Holmes si trovava dentro la stanza e appena si aprì la porta e vide il capo iniziò ad avere paura. Era un uomo molto alto e robusto, con un viso molto tondo e uno sguardo intenso e molto arrabbiato. Iniziarono a parlare. Poi Holmes gli offrì un sigaro che si trovava nel cassetto che non chiuse. In seguito iniziarono a parlare dell’accaduto, Holmes disse:
«Allora, cosa mi sa dire dell’omicidio del signor Arder?»
«Bhe, cosa le devo dire. Lei è un investigatore molto bravo, quindi penso che lei già sappia chi è stato. Comunque se non lo vuole dire lo dirò io. Sì sono stato io. Sono un uomo che non accetta compromessi e quell’uomo mi aveva chiesto più tempo per i soldi che mi doveva, e in cambio lui mi dava il doppio. A me, nessuno mi corrompere, - disse quell’uomo alzando il tono della voce-  così quella sera l’ho ucciso, con il Verde di Parigi, un veleno potentissimo che appena lo fumi muori. Contento?»
Dopo questa affermazione il capo si avvicinò ad Holmes e con uno spintone lo fece balzare sul letto. Appena cadde per sbaglio Holmes chiuse violentemente il cassetto, così entrarono tutti i ragazzi nella stanza e circondarono il capo, che cadde a terra. Poi entrò Watson che tirò un sospiro di sollievo. In seguito il capo fu arrestato e gli Irregolari, con Watson e l’investigatore, tornarono a casa, e come promesso si misero a giocare, si divertirono tutti, in particolare Holmes.
Chiara Dinunzio    

L'avvelenamento di Mary

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Era una giornata calda di Luglio in via Dogger 334/D. Holmes e Watson stavano nel salotto e Holmes  stava effettuando esperimenti su alcuni fiori, mentre Watson  mangiava. Quando bussò alla porta il detective per avvisarlo che nella casa del signor  Peter era morta sua figlia Mary. Holmes e Watson si diressero  sul posto dell'omicidio, e videro la signorina Mary a terra.Watson  disse che era morta alle 7:30, Holmes  chiese ai vicini di casa  se avevano  sentito o visto  qualcosa ma nessuno non aveva visto e sentito  nulla. Il padre Peter era disperato e Watson cercò di calmarlo.Holmes  chiese al padre  se Mary in quei ultimi  giorni avesse avuto dei problemi .Il padre  disse che in quei ultimi giorni  era chiusa  sempre nella sua camera ,e non voleva  parlare con nessuno . Però  disse che una notte aveva sentito dei rumori provenire  dalla cucina ,si recò  subito  e vide  la figlia disperata . Holmes e Watson si recarono  nella loro stanza e Holmes  attraverso le nuvolette della pipa immaginava  la scena del delitto , mentre Watson  si era addormentato. Ad un punto  Holmes  si rivolse a Watson  con un tono  forte, che lo spaventò  dicendogli : "era morta bevendo  una tazza  di thé  contenente  del veleno!" .La mattina dopo  Holmes si recò  sul luogo del delitto , andò  nel salotto e vide  una lettera con scritto che il prossimo ad essere avvelenato  sarebbe stato  Peter. Holmes lo fece vedere a Watson  e avvisarono Peter  che il prossimo sarebbe stato lui .Peter  disse a Holmes  che lui è un abilissimo  cacciatore  e che  in serata  sarebbe andato a fare una battuta . Arrivata la sera  seguirono  Peter , nel frattempo   che lui passeggiava  Peter vide una luce  come quelle  delle lucciole allora si avviò per seguirle. Ma dopo la luce si era spenta .Holmes  e Watson  l'avevano  perso  e incominciarono a cercarlo. Per fortuna  Holmes  vide  un bagliore  e lo seguirono. Peter  era stato  legato e vide che era un amico di Mary  , Giorgio,  di aspetto esile . Stava per ucciderlo, però  giusto  in tempo  intervennero Holmes e Watson .Holmes lo assalì , facendolo cadere a terra  ma lui  con un coltello  lo ferì. Holmes lo bloccò impedendogli altri movimenti . Watson,  slegò Peter portandolo al sicuro , nel frattempo  Holmes  legò  Georg e lo portò al commissariato . Holmes  e Watson  tornarono nella loro stanza soddisfatti.Holmes continuò i suoi esperimenti e Watson studiava il corpo  umano.

Il mistero del fazzoletto verde

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Il mistero del fazzoletto verde


Siamo nello studio di Sherlock Holmes e Watson che parlano di filosofia e letteratura bussano alla porta e Sherlock apre ce un signore che dice in modo disperato aiutami per favore aiutami e un ragazzo di pochi anni 12-13 e dice hanno ucciso mi padre e mia madre sono rimasto con mio zio che pure lui e morto a causa delle persone e o trovato un fazzoletto verde con due simboli una X e una K. Holmes sorpreso da questa storia disse a Watson di prendere una coperta e di prendere una sedia per il giovane ospite e lo lasciarono con la badate di casa. Holmes e Watson si misero subito a cercare dei indizi e si recarono alla villa Jecland dove abitava lo zio del ragazzo Holmes e Watson trovarono una cantina con tanti pezzi di carta con sopra scritto X-K e Holmes disse a Watson di avere già sentito queste iniziali nel giornale che legge se reco insieme a Watson subito a casa e comincio a frugare fra dei pezzi di giornale ritagliati e trovo le stesse iniziali X-K che stavano per Xlin Laiden il più grande impresario di casino di tutta Londra allora andò subito da lui ed ebbero una piccola discussione

-Signor Laiden lei conosceva lo zio di questo ragazzo il Signor Jim.

-Si lo conosco e mio amico perché mi chiede questo?

-perché il Signor Jim e morto.
-e chi la ucciso?

-stiamo investigando proprio su questo caso.

-non si procuri lo troveremo il colpevole.

-lei sa che cosa significano queste scritte X-K.

-si lo so il mio fratello che abita per strada e venuto solo una volta qua e cera proprio Jim che stava facendo degli affari con me.

Holmes dopo questa discussione andò dal fratello di Laiden che non cera dentro la piccola baracca dove abitava ormai si era fatta sera e Holmes disse a Watson di andare a casa ritornando a casa videro la badante stesa per terra e disse l'anno preso con voce stridula Watson noto un biglietto con delle scritte NaikLeind Holmes si ricordo questa via petche era la via dove sta pure il negozio di pipe e si recarono subito la ma non trovarono niente all'improvviso sentirono un urlo provenire da una stradine di quella via andarono e trovarono il ragazzo e il colpevole fratello di Laiden il colpevole scapo ma Holmes lo andò a prendere ci fu una corsa terribile arrivati di fianco al fiume Tamigi il colpevole non aveva più scans la ci fu una lotta e Holmes butto nel fiume il colpevole nel frattempo Watson aveva portato il ragazzo al sicuro Holmes e andato dalla polizia a dirgli che nel Tamigi era caduto un corpo la polizia andò sul posto e trovarono il corpo del colpevole che pero non era caduto sera retto a una corda e stava per farla franca ma Holmes con il suo bastone lo prese e gli lo dette in testa e cosi il furfante fu arrestato e Holmes e Watson risolvettero questo caso.


Pietro Paolo Ciancarelli

Sherlock Holmes e il mistero delle ragazze perdure

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Sherlock Holmes e il mistero delle ragazze perdute.
Era una mite estate del 27 giugno 1891, quando io e Holmes eravamo seduti su una panchina del parco Hyde Park, a discutere del lago artificiale e della fauna presente in quel luogo.
Holmes con assoluta calma disse:
 «Caro Watson, questo luogo è troppo calmo per me. Che ne dice di andare nel nostro appartamento?».
«Certo» .Risposi.
Ci dirigemmo verso il nostro appartamento. Arrivati a metà strada, all’indirizzo Crawford St B524 si sentì
un urlo provenire da una finestra. Holmes iniziò a preoccuparsi, finché dalla finestra cadde una donna a pochi passi da noi. La gente nei dintorni iniziò a scappare  per l’orribile e triste scena. Ad un tratto da un angolino di un’abitazione sbucarono dei poliziotti.
«Cosa è successo?». Disse un uomo.
«Praticamente , io e il mio fedele compagno Watson abbiamo sentito delle urla provenire da una finestra, finché abbiamo visto il corpo della signora cadere nel vuoto sfracellandosi a pochi passi da noi, cercando di travolgerci». Disse con molta prudenza il mio amico Holmes.
«Ma lei è l’investigatore Sherlock Holmes!». Disse un altro poliziotto più giovane di quello precedente.
«Si, Sherlock Holmes in persona. Cercherò io di risolvere questo caso. Nel frattempo, caro dottor Watson, vada a fare l’autopsia alla povera donna».
«Certo, vado subito». Dissi.
Portata in clinica con una carrozza, feci l’autopsia. Ad un tratto si aprì la porta. Era il mio amico Sherlock Holmes. Era molto stanco, si vedeva dal suo povero viso.
«Scoperto qual cosa?». Dissi.
«Molte cose. Vi descrivo prima l’appartamento. L’appartamento era più o meno delle dimensioni del nostro, la vittima aveva molti armadi con molti vestiti. Secondo me , durante l’uccisione della povera donna , lei stesse mangiando. Lo posso dedurre dal tavolo con un piatto vuoto e delle briciole di pane. Ho notato, che su una parete c’era un quadro con la tela staccata dalla cornice. Ho visto dentro , e c’era un bigliettino con dentro un messaggio, scritto con l’alfabeto morse. Ecco qua.»
..---  …----.---  --…..-..-.---
«Holmes lei sa l’alfabeto morse?». Gli chiesi.
«Mi dispiace deluderla, ma non so l’alfabeto morse.» Rispose tutto confuso.
«Beh, questa è una frase dove c’è scritto “Io sono mistero”».
«Che frase assolutamente banale. Lei ha scoperto qual cosa Watson?». Mi chiese.
«Certo. Ho trovato delle impronte digitali sul polso della vittima, è posso confermare la sua teoria, cioè quella che stesse mangiando durante l’omicidio. Infatti ho trovato nel suo stomaco della carne e del pane ancora non digerito del tutto.»
«Eccellente!». Esclamò il mio amico.
Ad un tratto sentimmo aprire la porta. Era l’ispettore Lestrade e ci comunicò che è stato commesso un altro omicidio. Io e Holmes ci preparammo e andammo sulla scena del delitto. La casa era molto grande. Nella camera trovammo avvolta nelle lenzuola una donna. Le lenzuola non erano pulite, ma erano inzuppate di sangue. Sulla parete difronte al letto, c’era un quadro con la tela staccata dalla cornice. C’era un messaggio con scritto : Τζούλια Bryson.
Sicuramente era greco, infatti grazie ad un interprete che tradusse la parola , disse che era un nome , ovvero : Julie Bryson.
«Meglio che ci sbrighiamo, altrimenti ci ritroveremo un'altra vittima sulla coscienza». Disse Holmes con molta fretta.
Ci dirigemmo a casa della duchessa, vedemmo la porta aperta. Da sopra si sentirono delle urla. Con fretta e furia salimmo di sopra e Holmes con molta agilità si scagliò sopra l’assassino.
«Finalmente vi abbiamo trovato». Disse Holmes con orgoglio.
«Sì, a me sì, ma adesso vi chiedo una cosa. Ho intrappolato in molte città e in luoghi molte ragazze che aspettano di essere liberate. Buona ricerca».
Holmes ad un tratto divenne pallido e disse:
«Portatelo via».
«Holmes. Adesso come facciamo a trovarle tutte?» Dissi con molta tristezza.
«Non lo so Watson, non lo so.»

                                                                                                                                              Nunzio Micale

Assassinio in campo

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Parigi era splendida in primavera e il torneo di tennis era il luogo ideale per incontrare tante persone interessanti. L'investigatore Holmes era in vacanza nella capitale francese con l'immancabile Dott.Watson. Alloggiavano al Ritz, albergo lussuoso, vicino ai campi da tennis e frequentato dai tennisti e dall'alta società. La mattina dopo cominciò il torneo, c'erano tante persone famose. Il primo match fu tra l'inglese John e l'americano Paul. Proprio quando John stava per battere un uomo misterioso colpì con un allucinogeno senza che nessuno se ne accorgesse, così John si impiccò con la rete del campo da tennis. Il pubblico entrò subito in campo per vedere cosa fosse successo. Holmes si avvicinò e notò sul cadavere la polvere di allucinogeno. Così chiamarono il commissario Lestrade per indagare su alcuni particolari che gli risultavano sospetti. Holmes non riusciva a capire chi fosse stato e per quale motivo l'avesse fatto. Alcuni giorni dopo Holmes fu contattato da una giovane signora che era la ragazza del tennista John, gli disse che settimane prima aveva ricevuto una strana lettera anonima dove c'era scritto che presto gli sarebbe morta una persona molto cara. L'assassino aveva colpito John approfittando dell'incontro di tennis poichè sapeva che c'era tanta gente concentrata sui tennisti e che quindi poteva agire indisturbato. Holmes ascoltava la donna concentrato su ogni particolare e dopo avergli fatto alcune domande chiese a Watson di accompagnarla a casa perchè la donna era in grave pericolo. La notte stava calando e Watson era di guardia mentre Holmes si aggirava nel parco della casa della donna travestito da mendicante, pronto a scattare ad ogni piccolo rumore, mentre il commissario Lestrade avvisato dall'investigatore si era appostato sul retro della casa. Verso mezzanotte un'ombra oscura attraversò il giardino e si arrampicò sulla finestra della donna e penetrò all'interno, ma li trovo Holmes che l'attendeva, dopo una lunga lotta l'investigatore ebbe la meglio sull'uomo che si scoprì di essere l'assassino del tennista. Ai forti rumori accorsero Watson, Lestrade e la donna che vedendo l'uomo svenne. L'assassino come svelò Holmes era il tennista Rolando che uccidendo il suo collega John voleva vendicarsi della donna che lo aveva sempre respinto e poi successivamente voleva drogarla per indurre a sposarlo.
 

Sherlock Holmes e i casi della 2°G © 2010

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